Se il rinnovamento marcia diviso non è colpa del destino cinico e baro

In questi giorni molti blog hanno commentato – giustamente – il proliferare dei candidati alle primarie del centrosinistra. C’è chi commenta con preoccupazione, chi con ironia (il video più gettonato è ovviamente questo), chi con dissimulata rassegnazione.

Anche nelle discussioni che si fanno nel “mondo reale” l’argomento viene tirato fuori spesso. A questi ho sempre risposto due cose: che i candidati non sono mai troppi e che i conti si fanno alla fine. Non tutti quelli che hanno annunciato la candidatura vogliono veramente farlo. Solo Renzi e Vendola sono autorizzati a pensare male di regole troppo penalizzanti: se loro le troveranno tali – fatta la tara dalla propaganda – lo saranno veramente. Gli altri forse accamperanno la scusa delle regole, ma più semplicemente (e legittimamente!) se non lo faranno sarà per le mutate condizioni politiche.

Però c’è dell’altro, come ha scritto Francesco Costa nel P.S. del post che ho linkato sopra.

P.S.: Poi c’è un altro discorso. Renzi, Gozi e Civati fino a qualche tempo fa lavoravano insieme allo stesso progetto di rinnovamento politico, Puppato ne era stata spesso coinvolta, Boeri è sulla stessa lunghezza d’onda. Oggi sono ognuno per conto suo. Serracchiani, anche lei del giro, ha detto persino di sperare che le primarie «non si facciano». Ma è appunto un altro discorso.

Chi ha già fatto notare questa apparente contraddizione di solito l’ha accompagnata con spiegazioni prepolitiche (non si sopportano, sono prime donne, il maschio Alpha ecc) e/o accompagnandola con appelli che fanno leva sulla mozione degli affetti: state insieme per ottenere il rinnovamento, poi vi dividerete se del caso. Vorrei invece provare a dare una spiegazione più politica a quanto sta avvenendo.

Io penso che si debba ribaltare il ragionamento. Non è vero che il rinnovamento non arriva perché i rinnovatori sono divisi, è vero invece che i rinnovatori sono divisi perché il rinnovamento fino ad oggi non è mai arrivato. Molte di quelle persone (chi più, chi meno) che hanno provato ad impersonare una battaglia di rinnovamento (chi più sui contenuti, chi più sulle forme) sono abituati a sentirsi una minoranza, destinati alla sconfitta e non credono che le cose possano cambiare. Se oggi Renzi è un passo avanti a loro è perché ci ha creduto.

E poi c’è una seconda cosa. Più dolorosa per i direti interessati, ma anche per me dato che ho stima di molti di loro. Tempo fa Michele Salvati ha descritto i caratteri di un grande leader democratico.

Volendo molto semplificare, a mio avviso i caratteri essenziali sono due. Il primo ha a che fare con la natura del progetto politico al quale essi dedicano la loro vita. […] Di solito si tratta di rompere una situazione di stallo o di ristagno, prodotta da tenaci forze di conservazione che tenderebbero a perpetuarla. Il secondo carattere ha a che fare con la difficoltà del progetto, con la resistenza delle forze nazionali e internazionali, economiche, sociali e politiche, che devono essere piegate per realizzarlo. Più grande e innovativo il progetto, più tenaci le forze di conservazione, maggiore è la grandezza del leader, se riesce ad attuarlo e a mantenersi nei confini della democrazia.

Matteo Renzi incarna il primo dei due caratteri: ha fatto proprio un progetto per l’Italia che vuole “rompere una situazione di stallo o di ristagno, prodotta da tenaci forze di conservazione che tenderebbero a perpetuarla”. Vedremo se riuscirà anche ad attuarlo e dunque a meritarsi la palma di grande leader democratico.

Io però aggiungerei una terza caratteristica. Un grande leader deve anche capire quando è arrivato il momento di farsi da parte. Magari provvisoriamente, certo, ma mettendo in conto che il provvisorio potrebbe diventare definitivo. Il momento in cui deve farsi da parte è quello in cui capisce che la prima caratteristica individuata da Salvati è incarnata da un altro leader e che un suo passo indietro agevolerebbe il compito a chi si è conquistato sul campo maggiori chance di sconfiggere – uso ancora la terminologia di Salvati – le forze di conservazione che tenderebbero a perpetuare lo stallo e il ristagno.

Oggi quel potenziale leader è Matteo Renzi. Gli altri presunti leader se vogliono dimostrare di essere tali dovrebbero sostenerlo. Non sappiamo se a parti invertite Renzi avrebbe fatto lo stesso. Ma se non lo sappiamo non possiamo fargliene una colpa.

11 pensieri riguardo “Se il rinnovamento marcia diviso non è colpa del destino cinico e baro

  1. No lo sappiamo come si sarebbe comportato Renzi: l’abbiamo visto nelle scorse primarie. L’altra volta, quando le idee di Renzi (o almeno una loro parte considerevole, in termini di rinnovamento di contenuti e di persone) viaggiavano con una mozione terza tra Bersani e Franceschini, lui rimase a guardare.
    Non disse nulla, rimase in silenzio, che è molto peggio che prendere posizione, magari sbagliando come hai fatto tu compagno Champ, appoggiando la peggior segreteria del PD dalla sua nascita ad oggi.
    Renzi quella volta non c’era. Mentre Civati, Gozi, Serracchiani, Scalfarotto erano lì a lottare con coraggio per quello in cui credevano. Senza ipocrisie, senza opportunismi. Che invece almeno per come la racconti tu, champ, evidentemente sono qualità indispensabili per un grande leader che aspetta di sapere da che parte soffia il vento per schierarsi.

    1. Sì, ma questa risposta alla fine che vuol dire? Specchio riflesso, vuol dire.
      Renzi è antipatico e/o stronzo. E va bene. Però meglio essere secondi in una maggioranza rinnovata che primi in una minoranza strutturale.

    2. “Io ho altri valori”
      Una frase da scolpire nel marmo. Dice molto. Meglio non fare nulla, ma alla grande, che sporcarsi le mani governando.
      Mi sa che il discorso sui luoghi comuni -e sulle idiosincrasie- della sinistra italiana lo abbiamo soltanto appena scalfito.

    3. Visto che hai fatto un riferimento personale, prima un chiarimento.
      Io non ho sbagliato, ma mi sono fidato di quanto scritto nella mozione che ho votato. Se questo significa sbagliare, allora abbiamo sbagliato tutti.

      Quanto al merito del post, la differenza tra Marino e Renzi è che Marino non rappresentava la persona con maggiori chance di sconfiggere la conservazione. Quello al massimo era Franceschini (se per voi la conservazione era Bersani).

    4. “se per voi la conservazione era Bersani”
      Si lo era. E lo è anche per te visto che appoggi un suo avversario che dice che Bersani è la conservazione mentre lui è il cambiamento.

    5. su me e bersani ti ho già risposto e mi infastidisce che ignori la mia risposta. non sono abituato a discutere in questo modo.

      sul resto invece non mi hai risposto tu. ma non era obbligatorio, in effetti

  2. Non l’ho ignorata. Rispetto la tua scelta attuale, come quella dell’altra volta. E infatti non ti ho mica accusato di “aver cambiato cavallo” per convenienza. Ho semplicemente detto che mentre tu e tanti altri prendevate posizione in maniera chiara, Renzi non lo fece (come anche zingaretti). E questo è un dato incontrovertibile.
    Sul fatto che Marino avesse allora poche chance di vincere, molte meno di Renzi oggi, ti rispondo che hai ragione. Ma questo non cambia di una virgola il discorso che partiva da una frase del tuo post. Mi dispiace di averti infastidito.

  3. @Uqbal,

    “valori” non è una brutta parola. Non mi vergogno di avere cose in cui credo, sia che si vinca, sia che si perda. Per come la vedo io, la vittoria in politica non è il fine , semmai dovrebbe essere il mezzo per arrivare a qualcosa. Per il resto la penso come J.B.Shaw: “”Alcuni uomini vedono le cose così come sono e si chiedono: perché? io sogno le cose come non sono mai state e dico: perché no?”

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