Pietro Citati: tra classismo e ignoranza

Mi prendo una pausa dalla mia corsa a tappe nel merito del merito per parlarvi di un articolo che ho letto oggi, perchè l’argomento è lo stesso e perchè mi sembra si sia superato il limite della decenza.

L’articolo in questione è stato scritto da quello che sembra essere diventato (assieme a Mario Pirani) l’editorialista di riferimento di Repubblica sui temi dell’Istruzione. Parlo del critico letterario e scrittore Pietro Citati, classe 1930, che si è prodotto nel consueto bla bla su quanto fosse bella la scuola che ha fatto lui e quanto sia orrenda quella di oggi. In particolare si concentra sull’Università, senza risparmiarci excursus sul terreno della scuola.

Bisognerebbe ricordare al Dott. Citati che quella scuola lì (quella che ha fatto lui) era preclusa a quasi tutti e laureava percentuali ridicole di italiani; bisogna ricordargli che quella scuola lì era profondamente classista nel suo impianto (voluto da Gentile con la sua riforma, “la più fascista delle riforme” come la definì lo stesso Mussolini) e aveva una scarsa considerazione della cultura scientifica.

Oggi ci vengono ripetute alcune cose già scritte in ogni salsa e a più riprese, ma questa volta il Nostro va oltre: passa all’insulto personale verso un solo Ministro (Berlinguer), individuato come responsabile di ogni male, anzi probabilmente come il Male.

Sul perchè dissento e con quali argomenti rimando alle riflessioni più approfondite del post a puntate, qui mi concentro sul passaggio insieme più deprimente e più illuminante dell’articolo di oggi.

[…] Nel dopoguerra tutti i Ministri della Pubblica Istruzione sono stati mediocri. Ma un tempo i bigi e saggi ministri democristiani non osavano nemmeno sfiorare il vecchio edificio scolastico: sapevano che era pieno di crepe; e che un solo colpo di piccone avrebbe rischiato di distruggere l’Università, il liceo, le medie, le elementari. Poi, non so come, presero coraggio […] e cominciarono le allegre catastrofi: quella della scuola di base con il moltiplicarsi dei maestri, quella dell’esame di riparazione, l’invenzione delle cattedre grottesche […]

Il passaggio è illuminante perchè lo si può definire la summa del pensiero di questo critico letterario e scrittore prestato all’istruzione. Analizziamola dunque per punti.

1. Quel “nel dopoguerra” tradisce il vero riferimento del nostro critico letterario e scrittore: il già citato (da me, non da Citati, che forse se ne vergogna) Ministro “pre-guerra” Giovanni Gentile.

2. Stendiamo il proverbiale velo pietoso sulla nostalgia di questo instancabile critico letterario e scrittore per “i saggi e bigi ministri democristiani”. Molti (i meno “citatianamente” saggi e bigi) hanno ben gestito, ma sono anche quelli del patto scellerato con la scuola (“ti dò uno stipendio di merda e pretendo il meno possibile”), sono quelli della proliferazione del precariato, sono quelli della Maturità “sperimentale” che è durata trent’anni…

3. Rabbrividisco invece all’idea che il buon Ministro -secondo questo critico letterario e scrittore- sarebbe quello che di fronte ad un edificio “pieno di crepe”, lascia tutto com’è.

4. Segnalo infine agli ignoranti, tra i quali mi vedo costretto ad annoverare il nostro critico letterario e scrittore, che il maestro unico è stato abolito da Brocca (democristiano) e gli esami di riparazione da D’Onofrio (democristiano). L’invenzione delle “cattedre grottesche” è invece figlia dell’esigenza dei baroni universitari (bipartisan) di sopravvivere alla riforma da loro allora (e da Citati oggi) avversata.

Un’ultima notazione. Mi scuso con l’interessato e con i lettori per il sarcasmo con cui ho ricordato insistentemente la professione di Citati. Non sembri che le attribuisca scarso valore o abbia ceduto alla tentazione dell’attacco personale; ho solo voluto sottolineare come poco abbia a che fare (la sua professione) con l’oggetto di questa sua polemica. Lo faccio perchè sono profondamente convinto che una delle conferme di quanto sia dequalificata la scuola italiana sia nel fatto che tutti si sentono in dovere di intervenire sul suo funzionamento. Manco fosse la Nazionale di calcio. Se non fosse in gioco il futuro dei nostri figli, verrebbe quindi da parafrasare il vangelo e commentare: “Signore, perdona loro perchè non sanno quello che dicono…”

P.S.: a qualcuno l’articolo di Citati potrebbe apparire privo di senso. E in effetti a prima vista avrebbe poco senso attaccare così pesantemente la Riforma Berlinguer oggi che non è più Ministro da tempo e la questione non sembra all’ordine del giorno. Ricordo allora ai più distratti che solo pochi giorni fa sulla stessa Repubblica è comparso un lungo e dettagliato articolo intitolato “Sorpresa: la laurea breve funziona”. Ovvero un articolo ricco di dati che dimostra come tutte le cose propagandate da Citati in questi anni siano quanto meno scarsamente suffragate dall’evidenza empirica. Sarà un limite che mi deriva dall’aver fatto studi scientifici, ma su questi argomenti sono abituato a dare più peso ai dati, piuttosto che ai legittimi pareri di un editorialista impegnato a difendere se stesso dalla loro evidenza.

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12 pensieri riguardo “Pietro Citati: tra classismo e ignoranza

  1. segnalerei a Citati anche la riforma della scuola media, se non sbaglio del 1965 (perfido centro sinistra!!), ossia 42 anni dopo la riforma Gentile, ma ormai 43 anni fa. All’epoca i giornali scrissero che per colpa di quella riforma al liceo arrivavano tutti ignoranti come bestie.

    Però sul 3+2 all’università io qualche dubbio ce l’ho. Ovviamente le percentuali di diplomati al triennio è più alta, e l’abbandono più basso, ma se poi tutti vanno al successivo biennio perchè altrimenti non serve a nulla cosa è cambiato? per non parlare della necessità di fare corsi post laurea, master, dottorati e varie che prolungano i costi sostenuti per l’istruzione aumentando l’aspetto classista: prolungare il periodo di studi dà una grande preparazione a chi se lo può permettere, ma non a tutti. Il dubbio insomma è che prima c’era chi abbandonava l’università prima della laurea, oggi quegli stessi l’abbandonano con in tasca un inutile diploma di 3 anni o un poco più utile diploma di altri 2. L’articolo sulle lauree brevi che tu citi dice che tanti arrivano in regola ai tre anni, ma non dice quanti arrivano in regola agli altri due, senza i quali si è ingegneri, geologi, psicologi ecc. di serie B.
    Ma sono impressioni: io rientro tra quelli che il Signore deve perdonare: Lui è severo, si sa, spero tu lo sia un po’ meno

  2. pessimo centrosinistra e ministro democristiano…

    Premesso che anche io di Università so poco, faccio un flash sul 3+2. Molte cose non vanno, concordo, ma le origini a mio avviso non stanno nella riforma in sè, ma in quello che non si è voluto riformare. Ruolo della formazione superiore non universitaria e peso eccessivo del baronato in università sono a mio avviso i due filoni su cui lavorare di più.

  3. Secondo me Pietro Citati ha ragione. Eppoi, perché mai un critico letterario non potrebbe capire i problemi della scuola? Basta con gli specialismi!

  4. Ma si, basta con gli specialismi! vuoi mettere con il dilettantismo? certo, senza “specialismi” non ci sarebbe progresso scientifico e medico, ma chi se ne frega! si stava tanto meglio quando si moriva di colera e tubercolosi…

  5. un commento sulla laurea breve. Secondo me non funzinoa semplicemente perchè non c’è un’offerta lavorativa adeguata al 3, e quindi quella che doveva essere una laurea breve diventa una laurea lunga perchè obbliga la maggioranza a passare al 3+2.
    Tra l’altro, sarebbe interessante capire da dove vengano i dati sull’efficacia della laurea breve, visto che non più di qualche mese fa la Corte dei Conti ha chiaramente boccaito questa riforma.

  6. Credo che si possa essere d’accorodo meno con Citati, ma ritenere che un uomo del suo livello culturale non abbia diritto di espireme la sua opinione perchè incompetente su come formare culutralmente questo paese mi sembra quantomeno azzardato.
    Detto questo io condivido il fatto che la posizione di Citati, sia quantomeno retorica e inutile.

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