Pd: tre ragioni per auspicare il “terzo incomodo”

Aveva detto che a Ottobre avrebbe passato la mano a qualcuno espressione di una generazione nuova. Adesso dice che non può farlo perché “non posso riconsegnare il partito a chi c’era prima di me, molto prima di me”.

A parte che in democrazia decidono gli iscritti o – come nel caso del Pd – gli elettori a chi “consegnare il partito”, da dove nascerebbe questo “pericolo”? Qual è l’unico fatto nuovo che sarebbe avvenuto tra quando aveva annunciato che sarebbe stato solo un “traghettatore” e oggi che si rimangia tutto? Uno solo: la candidatura di Pierluigi Bersani.

Quindi dobbiamo dedurre che Franceschini si candida per non riconsegnare il Partito a Bersani, che c’era prima di lui, molto prima di lui. Ma non si dovevano abbandonare i personalismi?

Due obiezioni preliminari: Bersani era in campo anche quando Veltroni si è dimesso e Franceschini è stato eletto “fino a Ottobre”; Bersani e Franceschini sono nel Pd dallo stesso giorno. E a ben vedere nel Pd Bersani ha avuto meno responsabilità di direzione politica di Franceschini.

Non sono obiezioni formali. Perché ci confermano – rispettivamente – che Franceschini probabilmente ha sempre pensato di ricandidarsi e che Franceschini, nonostante sia anagraficamente un po’ più giovane di Bersani (li separano sette anni), è anch’egli figlio della cultura politica che preesisteva al Pd e si sente in continuità con i partiti che hanno dato vita al nuovo partito. Quel “c’era molto prima di me”, infatti, ha senso solo se si considera anche la carriera politica dei due personaggi nel suo complesso e dunque si considera il Pd in continuità con Ds e Margherita.

Il Pd ha proprio bisogno invece di persone che considerano il Pd un partito con una storia tutta da scrivere. E ne siano convinti. Intimamente.

Almeno Bersani ha l’onestà intellettuale di non far finta di essere nuovo. Infatti – nel confermare la sua candidatura – scrive:

Quel che penso intendo rivolgerlo in primo luogo alla nuova generazione che è già in campo. Non credo che dobbiamo inventarci una nuova generazione, né evocarla per simboli. Credo che ci sia già, nel lavoro, nelle professioni, nelle amministrazioni, nel partito. Con questi giovani che sono già in campo farò il mio primo intervento pubblico il 1 luglio a Roma. Parlerò di politica e presenterò le mie idee.

Dunque tra i due approcci preferisco il secondo, ma non basta più. In primo luogo perché un approccio come quello di Bersani sottintende (magari inconsciamente) che le nuove generazioni abbiano comunque bisogno di un Padre Nobile che le accompagni, le guidi. Serve invece qualcuno capace di assumere in prima persona la responsabilità di guidare il partito. Abbiamo bisogno di qualcuno che non cerchi “padrini”. Qualcuno che non stia in coda ad aspettare il proprio turno.

Anche perché – ed ecco il secondo motivo per auspicare una candidatura diversa da quelle annunciate fino ad ora – c’è ovviamente bisogno delle idee di tutti, ma (per usare l’esempio fatto dallo stesso Bersani) se una generazione è già in campo “nel lavoro, nelle professioni, nelle amministrazioni, nel partito” deve smetterla di partecipare alle iniziative di altri dove il leader di turno – seppur stimabile e per quanto mi riguarda stimato – presenta le proprie idee. Se una nuova generazione è in campo deve cominciare a presentare le proprie di idee.

Infine – ed ecco il terzo motivo per sperare nel “terzo incomodo” – serve qualcuno che non è mai stato iscritto né al PCI né alla DC, certo, forse solo per ragioni anagrafiche, ma non sono ragioni da sottovalutare. Non perché siano storie da disdegnare, anzi, ma principalmente perché le ragioni della inadeguatezza dell’attuale classe dirigente sono da ricercare anche nella storia dei suoi protagonisti.

Troppo spesso, infatti, questi assumono decisioni solo per reazione ai comportamenti dei loro avversari storici e non perché credano sia la cosa giusta da fare (sindrome “D’Alema-Veltroni”); troppo spesso tendono a cooptare l’avversario perchè “siamo amici da sempre” (sindrome “Andrea Romano”), vanificando così l’aspetto più positivo dello scontro politico: la formazione e la selezione di una classe dirigente forgiata dalla e nella battaglia politica. Senza questo è solo lotta di potere fine a se stessa.

11 pensieri riguardo “Pd: tre ragioni per auspicare il “terzo incomodo”

  1. PD, Non siamo pronti per il colpo di grazia
    In questi giorni in cui vacilla la poltrona del Presidente del Consiglio per lo scandalo emerso dalle indagini della procura di Bari, mi sono venuti alcuni dubbi, più attinenti alla sfera prettamente politica, su cosa possa accadere nel prossimo futuro.
    Se Berlusconi dovesse lasciare il ruolo di leader (oltre che del Governo) del PDL, si creerebbe una voragine desolante non solo sul palcoscenico del partito stesso, ma anche nell’opposizione.
    Partito Democratico in primis.

    Siamo sicuri di essere pronti a questo scenario? Io credo di no, o almeno, sicuramente non oggi.
    Abbiamo passato gli ultimi mesi (vabbè anni, si lo so) a fare opposizione al centro-destra eseguendo in realtà una mera opposizione al suo leader.
    Purtroppo per noi la strada della battaglia contro Berlusconi è stata fin troppo ghiotta e ricca di spunti per desistere dall’intraprenderla.
    Il Cavaliere, si sa, incarna il suo partito, non sarebbe esistito nulla di simile a Forza Italia o Popolo Delle Libertà senza di lui. Lui è la destra italiana, nessun altro.
    Era quindi troppo facile sparare su un bersaglio neanche troppo in movimento.
    La seconda nostra sfortuna è stata che questo leader politico, incarnante egli stesso l’ideale del suo schieramento, è un personaggio assai vivace, per dirla con un eufemismo.
    Le marachelle del buon Silvio, seppur spesso penalmente rilevanti (ma questa è un’altra storia), sono state occasioni troppo succulente da non cogliere al balzo.
    Anni di sinistra italiana si sono concentrati sull’anti-berlusconianesimo (“esimo” è voluto, per dare l’idea religiosa che gli adepti hanno del Premier), tralasciando cose importanti… come ad esempio programmi concreti da promuovere e attuare senza costanti spaccature interne da prime donne.
    Questa “idea” e questo “modo” di opposizione politica, ahimè, pesa sul PD come un’ipoteca su un immobile di grande valore. Si è tramandata di generazione in generazione, minando le basi di questo partito proclamatosi alla nascita come “nuovo”, ma che continua a vibrare a frequenze consumate già da tempo.

    Sto cercando di dirvi che nutro una certa diffidenza sulle potenzialità di questo partito e del suo organo dirigenziale di poter infliggere un colpo decisivo al centro-destra.
    Sottratto all’offensiva il bersaglio numero uno (Berlusconi, ndr) l’opposizione rischia di trovarsi ad aver combattuto per anni contro un fantasama, ritrovandosi stremata dallo sforzo e svuotata dalla sostanza di un’azione politica basata sui contenuti.
    Con il cerino in mano, mentre la svolta gli passa davanti.

    L’unico consiglio che posso dare è quello di cominciare a spostare il focus dell’azione d’opposizione da Berlusconi e le sue malefatte (passate, presenti, future) all’agenda programmatica VUOTA del Governo.

    Sveglia ragazzi miei. La crisi li sta facendo annaspare come mai visto prima.
    La Marcegaglia chiede riforme per la ripresa economica, l’occupazione, le pensioni e gli ammortizzatori sociali, Draghi critica il sistema monetario italiano e la politica intrapresa da Tremonti, Il PIL precipita e la discoppuazione va alle stelle.
    In America si stanno varando misure per l’energia rinnovabile capace di salvare il nostro futuro e il Governo punta sul nucleare.

    La verità è che l’agenda programmatica del Governo, ripeto, è VUOTA!
    Non sanno dove mettere la mani per uscire dalla crisi e noi cosa facciamo? NIENTE!
    Non una proposta, non un’analisi politica e programmatica comunicata ai cittadini. NIENTE!
    L’unica opposizione alla maggioranza la sta facendo Repubblica, seppur alla vecchia maniera, sparando sul bersaglio-premier. Ma Repubblica è un giornale, non un partito, può dunque permettersi offensive di questo tipo tralasciando un programma politico che non compete certamente a Ezio Mauro, Massimo Giannini o Eugenio Scalfari.

    Rischiamo davvero di trovarci davanti a un’occasione irripetibile e di rimanere con un pugno di mosche in mano, sprofondando nella fossa assieme allo stesso fantasma che abbiamo inseguito per anni.

    http://fabiopari.blogspot.com/

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