Aspettando il 2031

Probabilmente non c’è niente da fare e l’unica soluzione è probabilmente perdente anche quella, e irrealistica di certo: ma l’unica soluzione è che i pochi bravi e lungimiranti rifacciano un partito da zero senza compromessi e mirino a vincere le elezioni nel 2031. Ma ci vuole voglia e coraggio, e siamo tutti stanchi. Ci arrabatteremo.

Luca Sofri, su Wittgenstein

Non volevo commentare questo post di Luca Sofri, ma poi ho letto quanto scritto da Cundari e ho pensato che forse qualcosa fosse utile dirla (per quanto può essere “utile” una discussione tra blogger, ovviamente). Perché secondo me Cundari non coglie nel segno con la sua vena assolutoria della nostra comune parte politica. Il problema – a mio avviso – non è “questo ritornello sulla sinistra che da vent’anni avrebbe accumulato solo sconfitte”, ma chiedersi se la discussione che abbiamo fatto per dare vita al Pd avesse senso oppure no. Quando dicevamo che non stavamo dando vita a quel partito per “vincere le elezioni”, ma perché volevamo nascesse un partito del XXI° Secolo (e prima di citicare questa affermazione si sappia che l’espressione è di Bersani, non di Veltroni o di qualche “rottamatore”); quando noi dicevamo queste cose, ci credevamo? E mi riferisco a noi noi, non a D’Alema, Bersani, Fioroni dei quali mi interessa il giusto. Lo dico anche perché è questo il ragionamento che mi porta a non condividere la provocazione di Luca.

Provo a spiegarmi. Visto che lo è, prendiamo per buona la sua ipotesi: il punto da cui partire non è tanto la crisi del Pd, ma la crisi del paese e la conseguente crisi della politica che a sua volta aggrava ed esaspera la crisi del paese. Scrive Luca:

L’Italia è piuttosto spacciata. Non rinasce di certo domani, non rinasce dopodomani, non rinasce da sola o per mano delle attuali leadership e forze politiche: se mai rinasce, sarà tra molti anni e cominciando a lavorare da subito in quell’ottica e non travolti dall’immediato o dalle elezioni di aprile.

Concordo così tanto, che qui scrissi:

Essere di sinistra è “saper guardare agli altri nel futuro”, disse un giorno Vittorio Foa. E l’assenza di una concezione di futuro che vada oltre la prossima fondamentale scadenza parlamentare o elettorale è ciò che rende inadeguati i perpetui e i loro “giovani” emuli.

Ma se questo è vero (ed è vero); se queste erano le ragioni di fondo per dar vita al Pd (e lo erano), la strada non può essere ricominciare da capo ogni tre anni solo perché “il nuovo non può nascere dal vecchio”, perché “i vecchi non se ne vogliono andare”. Ma “cacciarli” noi, come ipotesi fa così schifo? Mi colpisce come tra tutte le opzioni possibili, Luca continui a scartare quella della battaglia politica: piuttosto che prendere in considerazione questa ipotesi, si prospetta la nascita di qualcosa di nuovo, che venga pronto nel 2031.

Forse la mia ipotesi è legata ad una visione romantica della politica e della vita: nulla forgia di più una classe dirigente che una vittoria sul campo. Ma allora mi dovete dimostrare che sia più utile fare come quel bambino che – accortosi che il giocattolo non è esattamente come quello promesso dalla pubblicità – lo butta via e ne chiede uno nuovo. Io (tirando un po’ la metafora) preferisco la strada più lunga: scalare la ditta che fabbrica il giocattolo e costruirlo come piace a me. Per quanto possa essere lunga, se il benchmark è il 2031 conto anch’io che per quella data si possa raggiungere un obiettivo soddisfacente. Ma vuoi mettere la soddisfazione?

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